V domenica di quaresima. Riflessione ed esortazione apostolica “Querida Amazonia” di papa Francesco

Unità pastorale ”il buon samaritano”

V DOMENICA di QUARESIMA

29 marzo 2020

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita. Credi questo?»

Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Gv 11,1-45

Il racconto della risurrezione di Lazzaro è la pagina dove Gesù appare più umano. Lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Quando ama, l’uomo compie gesti divini; quando ama, Dio lo fa con gesti molto umani. Una forza scorre sotto tutte le parole del racconto: non è la vita che vince la morte. La morte, nella realtà, vince e ingoia la vita. Invece ciò che vince la morte è l’amore. Tutti i presenti quel giorno a Betania se ne rendono conto: guardate come lo amava, dicono ammirati. E le sorelle coniano un nome bellissimo per Lazzaro: Colui-che-tu-ami. Il motivo della risurrezione di Lazzaro è l’amore di Gesù, un amore fino al pianto, fino al grido arrogante: vieni fuori! Le lacrime di chi ama sono la più potente lente d’ingrandimento della vita: guardi attraverso una lacrima e capisci cose che non avresti mai potuto imparare sui libri.

(Ermes Ronchi)

ESORTAZIONE APOSTOLICA “QUERIDA AMAZONIA” di papa Francesco

Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici. (II parte)

L’Eucaristia è il grande Sacramento che significa e realizza l’unità della Chiesa. Chi presiede l’Eucaristia deve curare la comunione e accogliere la molteplice ricchezza dei doni e dei carismi che lo Spirito riversa nella Comunità. C’è necessità di sacerdoti, ma ciò non esclude che ordinariamente i diaconi permanenti, le religiose e i laici stessi assumano responsabilità importanti per la crescita delle comunità e che maturino nell’esercizio di tali funzioni grazie ad un adeguato accompagnamento. Dunque, non si tratta solo di favorire una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia. Abbiamo bisogno di promuovere l’incontro con la Parola e la maturazione nella santità attraverso vari servizi laicali. Una Chiesa con volti amazzonici richiede la presenza stabile di responsabili laici maturi e dotati di autorità, che conoscano le lingue, le culture, l’esperienza spirituale e il modo di vivere in comunità dei diversi luoghi, mentre lasciano spazio alla molteplicità di doni che lo Spirito Santo semina in tutti. Ciò richiede nella Chiesa una capacità di aprire strade all’audacia dello Spirito. Le sfide dell’Amazzonia esigono dalla Chiesa uno sforzo speciale per realizzare una presenza capillare che è possibile solo attraverso un incisivo protagonismo dei laici. La vita consacrata, capace di dialogo, di sintesi, di incarnazione e di profezia, occupa un posto speciale in questa configurazione plurale e armonica della Chiesa amazzonica.

Infine, desidero ricordare che non sempre possiamo pensare a progetti per comunità stabili, perché in Amazzonia c’è una grande mobilità interna, una costante migrazione molte volte pendolare, e la regione è diventata di fatto un corridoio migratorio. Occorre pensare a gruppi missionari itineranti e sostenere l’inserimento e l’itineranza delle persone consacrate vicino ai più poveri ed esclusi.

In Amazzonia ci sono comunità che si sono sostenute e hanno trasmesso la fede per lungo tempo senza che alcun sacerdote passasse da quelle parti, anche per decenni. Questo è stato possibile grazie alla presenza di donne forti e generose: donne che hanno battezzato, catechizzato, insegnato a pregare, sono state missionarie, certamente chiamate e spinte dallo Spirito Santo. Per secoli le donne hanno tenuto in piedi la Chiesa in quei luoghi con ammirevole dedizione e fede ardente. Loro stesse, nel Sinodo, hanno commosso tutti noi con la loro testimonianza. Il Signore ha voluto manifestare il suo potere e il suo amore attraverso due volti umani: quello del suo Figlio divino fatto uomo e quello di una creatura che è donna, Maria. Le donne danno il loro contributo alla Chiesa secondo il modo loro proprio e prolungando la forza e la tenerezza di Maria, la Madre. In questo modo non ci limitiamo a una impostazione funzionale, ma entriamo nella struttura intima della Chiesa. Così comprendiamo radicalmente perché senza le donne essa crolla, come sarebbero cadute a pezzi tante comunità dell’Amazzonia se non ci fossero state le donne, a sostenerle, a sorreggerle e a prendersene cura. Ciò mostra quale sia il loro potere caratteristico. La situazione attuale ci richiede di stimolare il sorgere di altri servizi e carismi femminili, che rispondano alle necessità specifiche dei popoli amazzonici in questo momento storico. In una Chiesa sinodale le donne, che di fatto svolgono un ruolo centrale nelle comunità amazzoniche, dovrebbero poter accedere a funzioni e anche a servizi ecclesiali che non richiedano l’Ordine sacro e permettano di esprimere meglio il posto loro proprio. È bene ricordare che tali servizi comportano una stabilità, un riconoscimento pubblico e il mandato da parte del Vescovo. Questo fa anche sì che le donne abbiano un’incidenza reale ed effettiva nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità, ma senza smettere di farlo con lo stile proprio della loro impronta femminile.

In un’Amazzonia multi-religiosa, i credenti hanno bisogno di trovare spazi per dialogare e agire insieme per il bene comune e la promozione dei più poveri. Come cattolici possediamo un tesoro nelle Sacre Scritture che altre religioni non accettano, benché a volte siano capaci di leggerle con interesse e anche di apprezzare alcuni dei loro contenuti. Qualcosa di simile cerchiamo di fare noi con i testi sacri di altre religioni e comunità religiose. Abbiamo anche una grande ricchezza nei sette Sacramenti e coltiviamo una profonda devozione verso sua Madre. Tutto questo non dovrebbe farci diventare nemici. In un vero spirito di dialogo si alimenta la capacità di comprendere il significato di ciò che l’altro dice e fa, cercando punti di contatto, e soprattutto di lavorare e impegnarsi insieme per il bene dell’Amazzonia. Come non lottare insieme? Come non pregare insieme e lavorare fianco a fianco per difendere i poveri dell’Amazzonia, per mostrare il volto santo del Signore e prenderci cura della sua opera creatrice?

Alcuni parti dell’omelia di Papa Francesco

venerdì 27 marzo 2020 – Piazza S.Pietro

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

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