II domenica di quaresima. Riflessione ed esortazione apostolica “Querida Amazonia” di papa Francesco

Unità pastorale ”il buon samaritano”

II DOMENICA di QUARESIMA

8 marzo 2020

“…il suo volto brillò come il sole

e le sue vesti divennero candide come la luce”

“Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete»”

Matteo 17,1-9

L’esperienza della trasfigurazione è comune a ciascuno di noi: ogniqualvolta viviamo una situazione nella quale sperimentiamo la bellezza della vita, ogniqualvolta ci troviamo in una relazione illuminante, ogniqualvolta percepiamo la tenerezza e l’amore di Dio. E quante volte il primo pensiero è stato: vorrei fermare il tempo! Anche Pietro, Giacomo e Giovanni, con la proposta delle tre capanne desiderano restare, bloccare la situazione di pace e di luce in cui si trovano. Il grande timore che provano altro non è che la reazione a qualcosa di inafferrabile, di meraviglioso, di divino: la voce del Padre dalla nube ne è l’immagine tangibile. Gesù comprende il loro timore, li ascolta e li abbraccia. Non li lascia soli, ma scende dal monte con loro per tornare, con loro, con noi, alla quotidianità.

Quando sono in cammino con te,

la mia anima viene illuminata, diventa raggiante,

splendente come te, Signore Gesù:

è la mia trasfigurazione!

ESORTAZIONE APOSTOLICA “QUERIDA AMAZONIA” di papa Francesco

Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana.

Promuovere l’Amazzonia non significa colonizzarla culturalmente, bensì fare in modo che essa stessa tragga da sé il meglio. Questo è il senso della migliore opera educativa: coltivare senza sradicare; far crescere senza indebolire l’identità; promuovere senza invadere. Come ci sono potenzialità nella natura che potrebbero andare perdute per sempre, lo stesso può succedere con culture portatrici di un messaggio ancora non ascoltato e che oggi si trovano minacciate come non mai.

Prima della colonizzazione, la popolazione si concentrava lungo le rive dei fiumi e dei laghi; l’avanzata colonizzatrice sospinse poi gli antichi abitanti verso l’interno della foresta. Oggi, la crescente desertificazione costringe a nuovi spostamenti molti, che finiscono per occupare le periferie o i marciapiedi delle città, talvolta in una situazione di miseria estrema, ma anche di frammentazione interiore dovuta alla perdita dei valori da cui erano sostenuti. In tale contesto, solitamente perdono i punti di riferimento e le radici culturali che conferivano loro un’identità e un senso di dignità, e vanno ad allungare la fila degli scartati. Così si interrompe la trasmissione culturale di una saggezza che ha attraversato i secoli, di generazione in generazione. Le città, che dovrebbero essere luoghi di incontro, di mutuo arricchimento, di fecondazione tra culture diverse, si trasformano nello scenario di un doloroso scarto. Attraverso un territorio e le sue caratteristiche Dio si manifesta, riflette qualcosa della sua inesauribile bellezza. Pertanto, i diversi gruppi, in una sintesi vitale con l’ambiente circostante, sviluppano una forma peculiare di saggezza.

La visione consumistica dell’essere umano, favorita dagli ingranaggi dell’attuale economia globalizzata, tende a rendere omogenee le culture e a indebolire l’immensa varietà culturale, che è un tesoro dell’umanità. Ciò tocca da vicino i giovani, quando si tende a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie. Per evitare questa dinamica di impoverimento umano, occorre amare e custodire le radici, perché esse sono un punto di radicamento che ci consente di crescere e di rispondere alle nuove sfide.  Per secoli i popoli amazzonici hanno trasmesso la loro saggezza culturale oralmente, attraverso miti, leggende, narrazioni, per questo è importante lasciare che gli anziani facciano lunghe narrazioni e che i giovani si fermino a bere a questa fonte. Mi rallegra vedere che, coloro che hanno perso il contatto con le proprie radici, cercano di recuperare la memoria ferita. Per altro verso, anche nei settori professionali ha cominciato a svilupparsi una maggior percezione dell’identità amazzonica e anche per loro, spesso discendenti di immigrati, l’Amazzonia è diventata fonte di ispirazione artistica, letteraria, musicale, culturale. Le varie espressioni artistiche, e in particolare la poesia, si sono lasciate ispirare dall’acqua, dalla foresta, dalla vita che freme, così come dalla diversità culturale e dalle sfide ecologiche e sociali.

Come ogni realtà culturale, le culture dell’Amazzonia profonda hanno i loro limiti. Anche le culture urbane dell’Occidente li hanno. Fattori come il consumismo, l’individualismo, la discriminazione, la disuguaglianza e molti altri costituiscono aspetti fragili delle culture apparentemente più evolute. Le etnie che hanno sviluppato un tesoro culturale stando legate alla natura, con forte senso comunitario, avvertono con facilità le nostre ombre, che noi non riconosciamo in mezzo al preteso progresso. Di conseguenza, raccogliere la loro esperienza di vita ci farà bene.

Una cultura può diventare sterile quando si chiude in se stessa e cerca di perpetuare forme di vita invecchiate, rifiutando ogni scambio e confronto intorno alla verità dell’uomo. Ciò potrebbe sembrare poco realistico, dal momento che non è facile proteggersi dall’invasione culturale. Per questo, l’interesse ad avere cura dei valori culturali dei gruppi indigeni dovrebbe appartenere a tutti, perché la loro ricchezza è anche la nostra.

L’economia globalizzata danneggia senza pudore la ricchezza umana, sociale e culturale. La disintegrazione delle famiglie, che si verifica a partire da migrazioni forzate, intacca la trasmissione di valori, perché la famiglia è ed è sempre stata l’istituzione sociale che più ha contribuito a mantenere vive le nostre culture.  Neppure la nozione di qualità della vita si può imporre, ma dev’essere compresa all’interno del mondo di simboli e consuetudini propri di ciascun gruppo umano. E se le culture ancestrali dei popoli originari sono nate e si sono sviluppate in intimo contatto con l’ambiente naturale circostante, difficilmente potranno conservarsi indenni quando tale ambiente si deteriora.

print